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"Crediamo in tre cose: nei film come Machete, nei Motorpsycho e in Sasha Grey"
Ma se gli Zebra Fink avessero prodotto Machete non avrebbero accettato la pudicizia di Jessica Alba né il suo finto nudo da spogliare in post-produzione. Avrebbero scelto un'altra.

Zebra Finch è un fringuello australiano e la sua caratteristica più interessante è che si esalta nell'esibirsi innanzi alle femmine. Un istinto esuberante con cui hanno parecchio a che vedere Gli Zebra Fink. Una giovane band con una normalissima storia da giovane band. Fanno rock in italiano, punto. Zero effetti speciali. Dritto al sodo. Poco fumo, tanta sostanza.

Prima del concerto fanno la classifica delle chiappe migliori che pascolano nel club. Una volta sul palco, possibilmente alticci, si dimenano, danno spettacolo, danno tutto. Spaccano. Combattono la "loudness war" on stage. Oggi, tutti bravi a registrare dischi pompati e altrettanto allenati a deludere i poverini che legittimamente si aspettano il finimondo dal vivo. Gli Zebra fanno tutto il contrario. Vecchia scuola.

La band si forma, giovanissima, nel 2006. Molti gli avvicendamenti nella formazione in questi anni. Due i dischi sfornati: l'EP "Eravamo così fragili" del 2010 e l'album "L'era del porno amatoriale" del 2012. Il quartetto - oggi composto da Alberto Zucconi (voce e chitarra ritmica), Marco Cusenza (chitarra solista e cori), Giulio Armanetti (basso) e Simone Pagliarini (batteria) - nei suoi primi anni di vita ha brancolato nel buio. Poi ha iniziato a crederci e a fare sul serio. A calcare palchi importanti come quelli del Fillmore e del Freak Out Club e ad arrabattarsi in posti merdosi, a farsi le ossa nei centri sociali e nei migliori festival di musica indipendente della zona (Tendenze, Orzorock), guadagnandosi il merito di aprire diversi concerti di colleghi più illustri - Ministri, Scott McCloud (Girls Against Boys), Bologna Violenta e Banda Bassotti su tutti.

Per gli Zebra Fink fare rock è urgenza espressiva, bisogno primario. È gettare la maschera, scrollarsi di dosso gli "uno, nessuno e centomila" ed essere finalmente se stessi. Per questo i loro concerti sono gagliardi. Per questo non vedono la fama come un fine, ma come un mezzo: un semplice strumento per poter suonare di più.

Il frutto più maturo di questo percorso, per ora, è l'album "L'era del porno amatoriale".
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